Umbro Apollonio


Non si tratta di una luce atmosferica, di una luce-ambiente, né di uno spazio prospettico, a fughe di camera ottica. Il problema è sostanzialmente diverso: esso verte su dati di mera figuratività e si basa su una luce e uno spazio mentali, sorretti e governati da una tessitura geometrica […]. Guarneri si propone soluzioni costruttive le cui scansioni siano graduate sulla luce e dove il tracciato geometrico non sia ripartizione di aree disposte in alternativa, ma agisca da guida agli spostamenti dei chiari opalescenti: Tutto è lieve, chiaro, senza scosse, ed esatto, preciso, deciso. Quadrati, rettangoli, rombi si insediano con minimi decentramenti in un’impaginatura per altro rigorosa e le fluente luminose ne seguono con qualità proprie l’andamento palpitante mediante attenta pertinenza. Ne viene così un concorrere di movimenti che ritma una dinamica lenta ma tale da pervadere fino al limite della superficie del quadro. Ciò appare tanto meglio raggiunto nelle opere recenti, laddove il cedimento verso un estenuato sensibilismo, sempre in agguato, è quanto meno arrestato per via della maggiore strutturazione dell’insieme. Mentre qualche tempo fa il contesto del dipinto minacciava quasi di sfarsi in una levità luminescente e incerta dei suoi confini, sorta di nebbia indistinta, adesso si determina in settori formali di sicuro imperio ed il colore che tinge l’invadenza della luce assume funzione meno generica.

Scritto in occasione della mostra alla galleria Il Bilico, Roma, novembre 1965

 

Lara Vinca Masini


La sua ricerca è sempre più intesa a cogliere la componente essenziale di uno spazio-luce in continua vibrazione, quasi tenuto sul filo di una tensione al suo limite estremo, fino al rischio della rottura, ogni volta ripreso e sorretto in un allusivo discorso di logica concreta. Un discorso estetico basato sulla vibrata impostazione dinamica di un reticolo grafico nella superficie del quadro, che viene a costituirsi come “campo” di eventi dinamico-percettivi, sollecitato a comporsi in “immagine” strutturale. Tra l’oggetto artistico e l’occhio, lo spazio fisico, percorso da vibrazioni luminose, si ripropone come diaframma che definisce il tema grafico, ne compone l’insorgere del segno in linee esatte di forza, che esistono nella luce e ne costituiscono, al tempo stesso, l’indice di presenza. Nella sua configurazione, senza concessioni o indulgenze, affidata ad un’estrema purificazione e rarefazione del segno, quella di Guarneri si caratterizza come impostazione etica, come “disposizione” verso una “immagine” totale del mondo, verso un vivere completamente “costruito” e “codificato” dall’operare artistico.

Scritto in occasione della mostra alla galleria Il Bilico, Roma, novembre 1965

 

Cesare Vivaldi


Mi sembra che il problema essenziale di Guarneri in questi ultimi anni sia quello del colore-luce. Un colore-luce distillato, appunto “in laboratorio”, e al quale è subordinato in posizione complementare e rafforzativa, l’infittirsi di segni impersonali, e cioè non gestuali, che occupano o delimitano alcune zone della superficie dipinta; quasi schermi trasparenti che lascino filtrare la luce attraverso una distillazione di secondo grado. Luce anche esso, quindi, questo pullulìo di minuscoli tratti di grafite, o perlomeno luce gli intervalli fra tratto e tratto; luce e non ombra, luce e non forma, sicché lo schema del quadro, apparentemente geometrico o geometrizzante, non è se non un puro pretesto. Poiché un quadro di Guarneri è una struttura di vibrazioni luminose che tendono di volta in volta, a seconda dell’incidenza della luce eterna su quella interna al dipinto, a compenetrarsi o a distaccarsi formalmente.

Scritto in occasione della mostra alla galleria Flori, Firenze, aprile 1969

Fabio Belloni


Maturata in sintonia con le coeve esperienze internazionali, quella di Guarneri è una ricerca che trova in sé le ragioni della propria esistenza. Si concentra su un selezionato repertorio di forme, motivi, colori, assortendolo ogni volta in modo diverso così da autorigenerarsi continuamente. Emersa sin dalla prima maturità, l’attenzione per gli aspetti metalinguistici del dipingere ha fatto di Guarneri un precursore di molte ricerche divenute tipiche lungo gli anni Settanta. Geometria, segno, ritmo, trasparenza, impronta, sfumatura: sono termini chiave per avvicinare dipinti dove il colore si scorpora, e perdendo ogni qualità materica diventa pura vibrazione di luce. Su superfici dominate dal bianco, organizzate in composizioni sempre asimmetriche, si alternano bande, strisce, rombi, quadrati. E poi tracciati a matita che ricordano la scrittura ma in realtà non assumono mai un valore referenziale. Nel corso degli anni le rigorose partiture geometriche dei primi tempi hanno iniziato a convivere con stesure sempre più libere e aperte. Ha guadagnato importanza la macchia, quindi l’acrilico o l’acquerello steso liberamente così da creare suggestivi effetti di compenetrazione. Per quanto luminose, le opere di Guarneri rimangono presenze cariche di mistero. Cercano la complicità dello spettatore: lo invitano a uno sguardo prolungato per stabilire una forma di intimità, e quindi scoprirne profili, segni, accordi tonali non immediatamente intuibili. Opere del genere esprimono un ideale di quiete e serena concentrazione. Al contempo però emanano un senso di energia: nella dialettica tra segni e forme, nella tensione tra la nettezza di un profilo e l’evanescenza della macchia. Quella di Guarneri, insomma, è una pittura dal carattere anche evocativo: per dirla con le parole dell’artista stesso, “una pittura che può essere leggerissima e insieme forte”.

Riccardo Guarneri. “Leggerissima e insieme forte”. 50 anni di pittura, catalogo della mostra, Galleria Michela Rizzo, Venezia, 13 febbraio – 2 aprile 2016

 

Claudio Cerritelli


Immagini sospese nel vuoto, segni penetranti, vapori cromatici, lievi evanescenze di luce, situazioni presenti fin dalle opere degli anni Sessanta dove l’artista preferisce togliere elementi riconoscibili costruendo atmosfere rarefatte ai limiti del nulla, in sintonia con la leggerezza dell’invisibile. L’adesione al linguaggio geometrico e alle sue sperimentazioni strutturali evoca correlazioni musicali tra colori e suoni, consente soprattutto la variazione di elementi ripetuti all’infinito, sequenze temporali racchiuse in minimi toni, passaggi quasi impercettibili all’interno del ritmo compositivo. L’inafferrabile succedersi delle immagini s’intensifica nel corso del tempo sia come valore interno all’opera, sia nel divenire dei periodi di ricerca, concatenati e sorretti dal desiderio di comunicare l’emozione mentale della “luce che consuma e disfa” ogni struttura apparente, ogni minima staticità del campo percettivo. Nella ricerca di Guarneri non c’è appagamento contemplativo e neppure progressione logica di forme, ma costante apertura verso le intermittenze del segno e del colore, strumenti di sconfinamento che fanno della pittura un’esperienza che si rigenera attraverso l’interrogazione continua del mistero dello spazio, con ritmi sospesi tra colore e luce come attimi sensoriali oltre l’orizzonte mentale del tempo. Spazio e tempo sono dunque parametri soggettivi misurabili attraverso l’oggettività del fare pittura, la ricerca di relazioni con il vuoto coinvolge la superficie con molteplici gradazioni, essa stessa luogo di astratta purezza, impercettibile emanazione del visibile, sensibile introspezione dello sguardo che insegue bagliori in divenire nella rarefatta qualità delle vibrazioni cromatiche. […] Tra le tecniche che nutrono l’immaginazione di Guarneri, l’acquerello ricopre un ruolo privilegiato, capace di sollecitare l’incanto dello stupore originario, il respiro interno del colore, il sogno di una luce purissima dove lo sguardo sembra perdersi nel nulla, nella sostanza stessa dell’aria. Il tempo d’esecuzione che l’acquerello comporta non ha confronti, è implacabile nel suo modo di captare l’istante della visione, non ammette pentimenti e correzioni, le macchie possono agire solitarie ma perlopiù si sovrappongono una sull’altra con tonalità leggerissime. La stesura veloce del colore ha già in se stessa una nozione di tempo irreversibile legato all’esigenza di fermare l’immagine nel punto giusto, prima che possa scivolare via, diventare altro, allontanarsi dalla verità del suo istantaneo vibrare, spazio-tempo come valori inscindibili, strutture profonde dell’essere.

La sospensione dello spazio-tempo nella pittura di Riccardo Guarneri, in “Titolo”, n. 6, estate-autunno 2013

Marco Meneguzzo


Riccardo Guarneri è uno dei pittori più coerenti che si possano trovare nella storia dell’arte recente: dagli esordi negli anni Sessanta ad oggi la sua pittura, se confrontata a quella di altri, ha mostrato varianti infinitesime rispetto a una linea, una specie di “basso continuo”, trovata da subito e seguita per più di cinquant’anni, almeno da quel 1963 in cui espone alla Strozzina di Firenze la sua prima stagione “quasi bianca”. […] la sua impostazione “quasi bianca” ha attraversato le inquietudini del materiale degli anni Sessanta, l’ideologia linguistica dei Settanta, il ritorno alla pittura espressionista degli anni Ottanta, le globalizzazioni formali dagli anni Novanta ad oggi, senza subire apparentemente delle variazioni rilevanti. Ma una ricerca linguistica che si “tira fuori” dal contesto, dichiarando di interessarsi solo a pochi elementi senza tempo, può sfuggire solo parzialmente al contesto, perché è il contesto che la vede, la interpreta, la accetta o la rigetta. Quali sono gli elementi “senza tempo” cui Guarneri fa riferimento? Lo spazio e la luce. Dagli esordi di questo nuovo corso alla Strozzina (prima c’era stato l’inevitabile e utile apprendistato nell’Informale, durato dieci anni) sono questi gli elementi attorno a cui gira tutta la sua ricerca, e Guarneri non si perita di trovare nuovi espedienti, nuovi formati, nuovi materiali per suggerire nuovi concetti di spazio e di luce: la pittura gli basta, e la convenzione della tela come spazio infinito di esperienza spaziale gli è congeniale (non sarebbe durato mezzo secolo altrimenti…) così come la tradizionale concezione del colore come medium per rappresentare la luce. […] I suoi campi cromatici – quadrati, rettangolari, a volte semilunari – si distaccano poco dal fondo della tela anche quando, a volte, sono più d’uno a contendersi lo spazio limitato della superficie: le linee nette perimetrali del quadrato o del rettangolo indicano solo due lati, il resto va immaginato e completato, come le montagne dipinte dagli artisti cinesi o giapponesi; sullo spazio fisico della tela emerge uno spazio mentale, che è tale perché quasi impalpabile, perché il colore è talmente scarno e sottile da essere invisibile come colore, ma visibile come luce. Certo si tratta di un processo operativo in cui il concetto virtuosistico di “velatura” raggiunge il suo apice, ma Guarneri non lo usa in combinazione con altre stesure pittoriche, per mascherare o per velare, appunto, ma a sé, non come corollario ma come assioma. […] Oggi nella pittura di Guarneri la geometria si sfalda, la luce – forse – torna ad essere colore un attimo prima di scomparire, mentre sullo sfondo restano tutte le dichiarazioni d’intenti, di poetica e di fiducia sul fare pittura e sull’essere artista. Siamo di fronte a una specie di “vanitas” pittorica – mutuata dalla lunga indagine sulla pittura e dai lunghi anni dell’artista –, che nella dichiarazione della sua impossibilità trova la sua ragion d’essere. Ma non è finita: è solo una nuova stagione.

Riccardo Guarneri. Una nuova stagione, catalogo della mostra, Galleria Progettoarte-Elm, Milano, febbraio 2017

 

Ian Rosenfeld


L’artista si è imposto sia come una figura artistica indipendente, sia come precursore delle tendenze pittoriche astratte degli anni Settanta. Dall’inizio della sua carriera negli anni Sessanta, ha sperimento senza sosta l’armonia tra segno, colore e luce, inventando un originale linguaggio lirico, infatti oltre ad essere un pittore, Guarneri è altresì musicista. L’intero repertorio dell’artista, che comprende strutture geometriche ma anche segni colorati più caldi ed organici, può essere inteso come un’ode all’ascolto, l’ultimo passo per permettere alla melodia intrinseca ai dipinti di penetrarci profondamente. La selezione di opere esposte sottolinea l’integrità artistica di un pittore dedicato a ricercare variazioni estetiche intorno ad un tema centrale. Guarneri ha centrato la sua ricerca intorno all’estetica del segno e della luce, liberandosi da preoccupazioni figurative o narrative senza però cedere al dogma concettuale caro al minimalismo. Quadrati e linee perdono plasticità a favore di vibrazioni cromatiche: la contemplazione prolungata dei dipinti rivela infatti un’asimmetria nelle figure geometriche. Calligrafie a matita, prive di significato semantico, ma visualmente sostanziali, accentuano il gioco di sfumature e di trasparenze luminose. Alcuni critici hanno sottolineato un’assonanza tra l’opera di Guarneri e le semplificazioni cromatiche dei pittori Color Field, bensì il paragone con Agnes Martin sembra più adatto all’approccio Zen e lirico del maestro. Analogamente all’estetica della pittrice americana, le linee di Guarneri trasmettono l’illusione di essere definitive, i colori pastello esprimono dolcezza e, dissolvendosi l’uno nell’altro, rinforzano il sentimento di confini irresoluti. Le sfumature raffinate e le tonalità impalpabili dei suoi dipinti rendono la riproduzione fotografica problematica sia oggi che sessant’anni fa, in disarmonia con la subordinazione all’iconografia digitale e con l’istantaneità che distingue l’arte contemporanea. Entrare nello studio di Riccardo Guarneri è come risalire nel tempo. Pastelli a cera, acquarelli, gomme, matite e righelli ci trasportano nell’universo puro e romantico che accompagna le prime esplorazioni artistiche di un bambino, tramite l’uso di materiali semplici. L’omogeneità della carriera artistica di Guarneri è un omaggio alla longevità della pittura e alla sua capacita ad essere continuamente reinventata.

Scritto in occasione della mostra Slowing time. Riccardo Guarneri and his relationship to Giorgio Morandi and Fausto Melotti, Rosenfeld Porcini Gallery, Londra, 23 febbraio – 7 aprile 2018